DUE PAROLE SULLA DEPRESSIONE
Non è colpa tua se sei triste, depressa o se addirittura a volte pensi di volerti togliere la vita.
A meno che non abbia fatto qualcosa di irreparabile e terribile come l’uccidere qualcuno, non è colpa tua.
L’essere umano è fatto per vivere in tribù, in piccole comunità di qualche centinaio di persone in cui i membri si conoscono a fondo e si supportano a vicenda. Valorizzandosi e collaborando con coesione.
Siamo nati per vivere a contatto con la natura, per osservare gli animali selvaggi ed assorbire un po’ della loro bellezza.
Per arrampicarci sugli alberi e fare il bagno nei fiumi.
Per scrutare la notte e domandarci nel buio di un bosco il perché della vita.
Che cosa esiste nell’oscurità?
Che origini hanno i nostri sogni?
Dove vanno le persone che amiamo, una volta che non ci sono più?
Noi, al contrario, viviamo isolati in gruppi di pochissimi individui dove le responsabilità pesano esclusivamente sul nucleo familiare o addirittura su un singolo genitore, con missioni personali sempre e solo collegate al capitalismo.
Nella nostra società, siamo pesati soltanto per i nostri risultati economici e di dominio sociale.
Che lavoro fai?
Quanto guadagni?
Quanto hai in banca?
I nostri progetti di vita sono sempre e solo monetari.
A nessuno interessa quanto sei sensibile, quanto sei empatica. Il tuo amore per l’arte e per la bellezza.
A nessuno interessano i tuoi pensieri se non nella misura in cui sei capace di trasformarli in uno strumento di monetizzazione e guadagno.
E insieme a tutto questo, Dio, inteso come il contatto con il divino, con il trascendente, con ciò da cui tutto arriva e a cui tutto tornerà, è stato relegato ad una semplice parola priva di significato mistico.
Per cui, se sei triste, se la tua vita ti sembra priva di senso e se pensi che nulla ha uno scopo, non è colpa tua.
È il mondo ad essere malato.
Ed essere sani e sereni in un mondo malato, è davvero difficile.
La società moderna è intrappolata nell’iperindividualismo e in un sistema economico, il capitalismo, che misura il valore umano solo in termini monetari.
Questo crea un ambiente in cui le persone sono condizionate a percepire il loro valore personale attraverso un prisma di successo materiale e affermazione sociale. E niente altro.
Émile Durkheim, uno dei padri della sociologia moderna, ha descritto un fenomeno chiamato “anomia”, una condizione di instabilità causata dalla disintegrazione delle norme e dei valori sociali.
In una società anomica, gli individui si sentono persi, senza una guida morale ed etica.
È il mondo in cui viviamo, dove la corsa verso l’accumulo materiale ci allontana irrimediabilmente dalla ricerca del significato intrinseco della vita.
Nella teoria evoluzionistica la connessione con la natura è parte integrante della sopravvivenza umana.
Oggi, invece, la natura è stata relegata al ruolo di semplice risorsa e scenario pittoresco in cui immergerci solo superficialmente in rare occasioni.
La mancanza di questa connessione ancestrale alimenta in noi il senso di isolamento e inadeguatezza che in molti proviamo.
Il divino poi, è una componente essenziale nella ricerca di significato della vita.
La religione ha fornito per millenni un contesto in cui la sofferenza può essere compresa o almeno accettata come parte di un piano cosmico più grande.
L’indifferenza della modernità nei confronti della spiritualità invece, porta alla crisi esistenziale che viviamo, privandoci di una fonte essenziale di conforto e orientamento.
La sofferenza psicologica non è quindi una colpa del singolo, ma un sintomo di un disagio culturale più ampio e più profondo che affligge l’Occidente.
Ciò non significa che non dobbiamo lavorare sul nostro benessere esteriore ed interiore.
Ma è fondamentale capire che il male deriva dal sistema, non da qualcosa di sbagliato dentro di te.
Non sei tu ad essere difettosa.
È il mondo in cui vivi ad esserlo. E tu ne paghi il prezzo. Perché sei parte del tutto. E questo tutto, è malato.
Se quindi sei depressa, consolati, in un mondo migliore e più armonico, meno disfunzionale e sclerotico, non lo saresti stata affatto.
La tristezza e la sofferenza esistenziale sono il prodotto di una società in cui i valori fondamentali dell’umanità, della comunità, della connessione con la natura e delle spiritualità, sono stati completamente cancellati.
Comprendere tutto questo è il primo passo verso la guarigione.
Tieni duro dunque, e inizia a percepirti come una guerriera che vive in un mondo in fiamme. Non come una persona rotta, ma come una persona sana, in un mondo rotto.
Questo ti aiuterà a vedere le cose nel modo giusto e a muoverti nella tua vita nella giusta direzione.
Un abbraccio
Ivan Orizio