Alla fine la storia è questa.
Sei nata in un sistema basato sullo scambio di tempo e valore con il mercato.
Baratti quindi competenze e tempo con il mercato al fine di ottenerne in cambio soldi.
Ti viene insegnato che più soldi hai, più sarai felice.
Passi quindi tutta la tua vita a costruire skills (tutte le scuole dell’obbligo, l’università, i corsi, buona parte dei libri che leggi) per avere sempre più valore per il mercato.
“Se diventerò un cardiochirurgo iperspecializzato, il mercato mi pagherà di più rispetto ad un semplice piastrellista”. Bene. Ecco una buona ragione per impegnarti. Raggiungi questo traguardo e gli altri ti stimeranno, e sarai finalmente libera.
Il risultato che ottieni scambiando valore col mercato, è soppesato dunque in denaro e prestigio sociale, ma dipende anche da fattori esterni che non hanno nulla a che fare con il tuo impegno (puoi laurearti in medicina ma se il paese per cui lavori paga i medici 2000 euro al mese, fai la fame anche se hai passato 10 anni a studiare chirurgia. Oppure, puoi avere tutti i buoni propositi del mondo, ma se il paese in cui vivi entra in guerra con un altro stato, la tua vita va a puttane in tempo zero e non a causa tua).
Nel processo formativo, ti viene insegnato che felicità e successo sono sinonimi.
La tua indipendenza economica è quindi posta come condizione necessaria alla serenità.
Fino a qui tutto male.
Ora però viene il bello.
Non sei tu a fare le regole del gioco. Tu hai emulato i tuoi genitori che a loro volta hanno emulato i propri genitori.
Qualcuno ha fatto le regole del gioco, ma non sai chi.
Di conseguenza spendi buona parte del tuo tempo per sopravvivere alle logiche del mondo capitalistico senza farti domande “universali”, ergo non hai tempo per pensare a cose vacue come “cambiare il mondo”. Migliorarlo. Aiutare gli altri a non soffrire. Sistemare ciò che è rotto. Rendere la Terra un posto migliore.
Non è colpa tua.
Nessuno ha tempo per pensare a queste cose perché dobbiamo sopravvivere alle logiche del baratto di beni e servizi.
Il mercato ci dice: “Se non produci valore non ti pago”. E difficilmente il modo in cui puoi produrre valore e quello in cui puoi cambiare il mondo coincidono.
1 – se sei fortunata, ottieni il successo sotto forma dell’indipendenza economica. Nel frattempo trovi qualcuno da amare con cui condividere il tempo che hai libero e che ti resta. Fai figli. Non ti ammali. Invecchi sana e muori sana. Forse anche serena.
La tua vita non ha avuto senso a livello macroscopico, ma per lo meno è stata lieta e ti ha dato belle esperienze e belle emozioni.
2 – se sei sfortunata qualcosa va storto tra un passaggio e l’altro dell’equazione precedente.
Verosimilmente e a rigor di logica, qualcosa prima o poi andrà storto per la maggior parte degli individui.
Quindi passi buona parte della tua vita nel cercare di sistemare ciò che è andato storto per te (ma non necessariamente a causa tua) e non hai di conseguenza tempo per pensare a questioni “più universali”.
QUINDI
O non ottieni il successo, o lo ottieni ma la tua vita fa schifo sotto qualche altro lato, o lo ottieni, la tua vita è grandiosa, ma ti ammali di una malattia terminale e muori. O comunque qualche condizione necessaria alla felicità e alla serenità, viene meno, presto o tardi.
Tutto questo accade mentre il mondo va sempre peggio.
I grandi problemi dell’umanità peggiorano e si fanno più gravi.
I potenti creano armi e sistemi sempre più complessi così da poter distruggere sempre più cose su piani sempre più macroscopici.
Nel frattempo, tu sei imprigionata tra il punto 1 e il punto 2 nominati in precedenza.
Occasionalmente hai tempo per pensare a “cose grandi”, ma poi “i problemi reali” tornano a bussare alla tua porta, e devi tralasciare il macro per pensare al micro.
Qui entra in gioco la religione, l’oppio dei popoli.
Qualcuno sta distruggendo in modo sempre più sistematico il pianeta. Usando l’umanità come una mandria addomesticata da cui estrarre manodopera a basso costo.
Miliardi di individui sono bloccati in una ragnatela e si agitano per ottenere un po’ di denaro e un po’ di successo. Briciole. Solo briciole. Pochi tra l’altro le ottengono. Molti semplicemente sopravvivono.
A volte ti rendi conto che il sistema nel quale sei inserita è ingiusto. Anche se non sai esattamente perché e non vedi chiaramente tutte le sfaccettature del problema.
Allora alzi gli occhi al cielo e chiedi a Dio se ad un certo punto, al di là di tutte queste ingiustizie, sarà lui a mettere le cose in ordine al posto tuo. Tu sei impegnata a pagare le bollette, ad assistere tua madre col cancro, e ad evitare che tuo figlio diventi un tossico o un ludopatico da tiktok.
Dio non ti risponde, ma tu pensi di si.
Pensi che lui ti stia dicendo “stai facendo il massimo, non ti preoccupare, al resto ci penserò io. Arriverà il giorno in cui gli ultimi saranno i primi e tu sarai tra quelli”.
Così abbassi la testa e vai avanti a pensare alle cose pratiche da risolvere che hanno bisogno della tua attenzione e che senza il tuo impegno costante, distruggeranno la tua vita e quella delle persone che ami.
La lancetta dell’orologio ticchetta. Il tempo passa. È arrivato il tuo momento. Ora devi andare.
Stai per chiudere gli occhi, hai un po’ paura, ti domandi se c’è qualcosa di molto importante che avresti dovuto fare e che non hai fatto. Ma il tempo è finito.
Non conosci la risposta al senso della vita. Ma a modo tuo, hai cercato di essere una buona persona. Arriva il buio. Tutto finisce. Sei morta.
…
La verità è che tutto va sempre peggio, da molto tempo, ma non è colpa tua.
Non è colpa tua perché sei nata imprigionata in una rete, in cattività.
Ti hanno cresciuta tenendoti occupata a pensare a cose prive di senso ma che se non “controllate” distruggeranno la tua vita. Le bollette, le tasse e i soldi per comprare il pane da mettere in tavola per la tua famiglia.
“È già tutto così difficile, sto già portando la mia croce sulle spalle. Non posso portare anche quella del mondo”.
Hai ragione. Hai perfettamente ragione.
Per questo motivo, sentiti innocente, perché nonostante tutto, è questa la verità, sei innocente.
Le cose andranno male, ma la colpa non è tua.
Non c’è un lieto fine. Ma almeno non sei tu la colpevole.
Ivan Orizio